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- Il Decreto Legislativo 24/2023 estende la tutela a stagisti e volontari.
- Sanzioni fino a 50.000€ per chi viola la privacy del segnalante.
- Aziende con almeno 50 dipendenti devono adeguarsi alle nuove regole.
Nel contesto normativo italiano del 2025, il whistleblowing si configura come uno strumento imprescindibile per preservare l’integrità delle aziende e prevenire fenomeni corruttivi. La sua rilevanza è avvalorata dall’introduzione di nuove disposizioni legislative, che focalizzano l’attenzione sulla protezione dei segnalatori e sulla responsabilizzazione delle imprese. Il Decreto Legislativo 24/2023 rappresenta una tappa fondamentale in questo percorso, implementando le direttive europee e strutturando un quadro giuridico sistematico e completo. Ma quali sono gli effetti pratici per le aziende? Quali sono i diritti e le garanzie riconosciute a chi effettua segnalazioni? Quali sono le ripercussioni per le organizzazioni che eludono tali adempimenti? Un’analisi approfondita di tali argomentazioni si rivela indispensabile per cogliere appieno la portata e la significatività del whistleblowing nel contesto odierno.
Il Quadro Normativo: Analisi Dettagliata del Decreto Legislativo 24/2023
Il Decreto Legislativo 24/2023, in vigore dal 30 marzo 2023, segna un punto di svolta nel panorama del whistleblowing in Italia. Dando attuazione alla Direttiva (UE) 2019/1937, il decreto intende proteggere chi segnala violazioni del diritto dell’Unione, uniformando le normative degli Stati membri in materia. Questo provvedimento legislativo non solo racchiude in un unico corpo normativo l’intera regolamentazione dei canali di segnalazione e delle tutele offerte ai segnalanti, ma introduce anche novità rilevanti sia per il settore pubblico sia per quello privato.
L’articolato normativo definisce con precisione chi è il whistleblower, identificandolo come la persona che segnala, divulga o denuncia all’autorità giudiziaria o contabile informazioni su attività che ledono l’interesse pubblico o l’integrità dell’amministrazione pubblica o dell’ente privato, di cui viene a conoscenza all’interno di un contesto lavorativo, sia esso pubblico o privato. Il campo di applicazione è stato notevolmente ampliato rispetto alla precedente Legge 179/2017. Il decreto, infatti, si estende a una vasta platea di soggetti, tra cui dipendenti di soggetti che operano nel settore privato, lavoratori autonomi, titolari di rapporti di collaborazione, liberi professionisti, consulenti, stagisti, tirocinanti, volontari, azionisti e persone con funzioni di amministrazione, direzione, controllo, vigilanza o rappresentanza.
Nel caso in cui le vie di segnalazione interne all’impresa non producano risultati, chi segnala può rivolgersi direttamente all’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC), che agisce come ente di riferimento per la materia, con prerogative di regolamentazione, gestione e potere sanzionatorio.
Il decreto, inoltre, rafforza la tutela del segnalante, prevedendo che chi si espone non possa subire ritorsioni. Licenziamenti e trasferimenti sono considerati nulli, offrendo una maggiore protezione a chi decide di denunciare. La tutela si applica non solo durante il rapporto di lavoro, ma anche prima, se la persona è venuta a conoscenza delle informazioni sulla violazione durante il processo di selezione, e dopo lo scioglimento del rapporto, se le informazioni sono state acquisite nel corso del rapporto stesso. Questa estensione temporale della tutela dimostra la volontà del legislatore di proteggere il whistleblower in ogni fase del suo percorso professionale.
La nuova regolamentazione si estende alle infrazioni delle norme nazionali e dell’Unione Europea che compromettono l’interesse collettivo o l’onestà della pubblica amministrazione o dell’organizzazione privata.
Le segnalazioni possono concernere comportamenti illeciti di rilievo, come le responsabilità amministrative derivanti da reati (in riferimento al decreto n.) e le violazioni dei modelli organizzativi, le violazioni delle leggi europee riguardanti la sicurezza dei trasporti, la salvaguardia dell’ambiente, la radioprotezione e la sicurezza nucleare, l’incolumità di alimenti e mangimi, la salute e il benessere degli animali, la sanità pubblica, la protezione dei consumatori, la riservatezza della vita privata, la protezione dei dati personali, la sicurezza delle reti e dei sistemi informativi, le violazioni delle norme sulla concorrenza e gli aiuti di Stato.
Nel contesto del settore privato, la disciplina si applica a quelle entità che, nell’anno precedente, hanno impiegato mediamente almeno 50 dipendenti subordinati, sia con contratti a tempo determinato che indeterminato.
Anche le realtà che non raggiungono la soglia dei lavoratori subordinati, ma rientrano nel perimetro di applicazione degli atti normativi dell’Unione Europea allegati al d.lgs. 24/2023, sono tenute a conformarsi alle disposizioni.
aziendale – servizi, prodotti e mercati finanziari, prevenzione del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo, commercio e utilizzo di prodotti rischiosi e pericolosi – o che abbiano adottato un modello di organizzazione, gestione e controllo ai sensi del decreto legislativo 231/2001 (MOG 231), sono obbligate ad adeguarsi alle regole del whistleblowing.
Le aziende devono predisporre un canale interno di segnalazione, coinvolgendo attivamente le rappresentanze sindacali e le organizzazioni dei lavoratori.
È imperativo stabilire tempistiche precise per fornire riscontro al segnalante, unitamente a misure di protezione della riservatezza e contromisure per evitare ritorsioni.
È importante sottolineare che la disciplina del whistleblowing è strettamente connessa con altre normative, tra cui il GDPR, il d.lgs. 2001/231 sulla responsabilità degli enti, il Testo Unico sui dipendenti pubblici d.lgs. 2011/165 e la Misura di prevenzione della corruzione (l.190/2012). La normativa richiede che i processi, le architetture e le misure organizzative siano progettati nel rispetto del GDPR, che rappresenta il paradigma sul quale deve essere costruito il processo.
Per quanto concerne le responsabilità delle strutture aziendali, si fa riferimento alle disposizioni del Testo Unico sul lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni (d.lgs. n. 165/2001).
e, inoltre, alla normativa n. 190/2012, inerente le misure di contrasto alla corruzione.
Le sanzioni più rilevanti in materia di whistleblowing non sono state erogate dall’ANAC, ma dal Garante della privacy.
Si tratta di ammende pecuniarie considerevoli, variabili tra i
alle quali si aggiunge la sanzione accessoria della pubblicazione del provvedimento sanzionatorio, con conseguente danno all’immagine dell’impresa.
L’autorità garante per la protezione dei dati personali gode di poteri di indagine incisivi, potendo accedere ai sistemi informatici sia del responsabile del trattamento dati (l’azienda), sia del fornitore della piattaforma utilizzata per la gestione del canale di segnalazione.
In sintesi, il Decreto Legislativo 24/2023 rappresenta un importante passo avanti nella tutela del whistleblowing in Italia, introducendo una disciplina organica e completa che rafforza i diritti dei segnalanti e responsabilizza le aziende.

- Ottimo articolo, il whistleblowing è cruciale per l'integrità aziendale... 👍...
- Trovo che il decreto sia troppo permissivo verso i segnalanti... 👎...
- E se il whistleblowing fosse usato per scopi personali?... 🤔...
Diritti e Tutele dei Denuncianti: Un Approfondimento sul Sistema di Protezione
La protezione del segnalante rappresenta il fulcro della normativa sul whistleblowing. L’obiettivo primario è quello di garantire che chi decide di denunciare illeciti o irregolarità all’interno di un’organizzazione possa farlo senza timore di subire ritorsioni o discriminazioni. A tal fine, il Decreto Legislativo 24/2023 introduce una serie di misure volte a tutelare l’identità del segnalante, a prevenire atti ritorsivi e a garantire il diritto al risarcimento dei danni subiti.
La riservatezza dell’identità del segnalante è un elemento essenziale per incentivare la segnalazione di illeciti.
La legislazione richiede ai soggetti sia pubblici che privati di assicurare, avvalendosi anche di strumenti di crittografia avanzata, la protezione dell’identità di chi effettua la segnalazione, della persona coinvolta e di chiunque sia menzionato nella segnalazione, così come la riservatezza del contenuto stesso della segnalazione e della relativa documentazione.
Il divieto di ritorsioni rappresenta un altro pilastro del sistema di protezione del segnalante. La normativa vieta espressamente qualsiasi forma di ritorsione, diretta o indiretta, nei confronti del segnalante, del facilitatore (ovvero la persona che assiste il segnalante nella segnalazione) e delle persone a lui collegate (colleghi, parenti entro il quarto grado, ecc.). A titolo esemplificativo, sono considerate ritorsioni il licenziamento, la sospensione, il demansionamento, il trasferimento, la modifica delle mansioni, la mancata promozione, la discriminazione, le molestie, le minacce, le intimidazioni, la valutazione negativa della performance, il mancato rinnovo del contratto, la risoluzione anticipata del contratto, l’avvio di procedimenti disciplinari, l’esclusione dalla formazione, la mancata concessione di permessi o benefici, la diffusione di informazioni false o fuorvianti, l’isolamento, l’emarginazione, la riduzione dello stipendio, la mancata corresponsione di bonus o incentivi, la revoca di incarichi o deleghe, l’adozione di misure disciplinari ingiustificate, l’esercizio di pressioni o molestie psicologiche, l’adozione di comportamenti ostili o vessatori.
Per rafforzare il divieto di ritorsioni, la normativa introduce una presunzione legale di ritorsività. In caso di controversia giudiziaria, se il segnalante dimostra di aver subito un pregiudizio in un momento successivo alla segnalazione, si presume che tale pregiudizio sia una ritorsione per la segnalazione effettuata. Spetta al datore di lavoro o al soggetto che ha posto in essere l’atto pregiudizievole dimostrare che tale atto non è una ritorsione per la segnalazione. Questa presunzione legale di ritorsività rappresenta un importante strumento di tutela per il segnalante, in quanto facilita la prova dell’esistenza di una ritorsione.
In caso di licenziamento ritorsivo, il segnalante ha diritto alla reintegrazione nel posto di lavoro e al risarcimento del danno subito. Il risarcimento del danno comprende sia il danno patrimoniale (ovvero la perdita di guadagno subita a causa del licenziamento) sia il danno non patrimoniale (ovvero la sofferenza morale, il pregiudizio alla reputazione, il danno all’immagine professionale, ecc.). In alternativa alla reintegrazione, il segnalante può optare per il pagamento di un’indennità sostitutiva, pari a quindici mensilità della retribuzione globale di fatto.
La normativa prevede anche misure di sostegno al segnalante, quali l’assistenza legale e psicologica gratuita. Il segnalante ha diritto di essere assistito da un avvocato di fiducia e da un professionista della salute mentale, a spese del datore di lavoro o del soggetto che ha posto in essere l’atto pregiudizievole. Questo sostegno è fondamentale per aiutare il segnalante ad affrontare le conseguenze psicologiche e legali della segnalazione.
È importante sottolineare che la tutela del segnalante non è illimitata. La normativa prevede delle eccezioni, ad esempio nel caso in cui la segnalazione sia manifestamente infondata o sia stata effettuata con dolo o colpa grave. In tali casi, il segnalante può essere soggetto a sanzioni disciplinari o legali. Tuttavia, queste eccezioni sono interpretate in modo restrittivo, al fine di non scoraggiare la segnalazione di illeciti.
In sintesi, il sistema di protezione del segnalante previsto dal Decreto Legislativo 24/2023 è articolato e complesso, volto a garantire che chi denuncia illeciti possa farlo in sicurezza e senza timore di subire conseguenze negative.
Responsabilità delle Aziende: Obblighi e Sanzioni per la Mancata Adeguamento
Il Decreto Legislativo 24/2023 non si limita a tutelare i segnalanti, ma pone anche una serie di obblighi a carico delle aziende, sia pubbliche che private. L’obiettivo è quello di creare un sistema di whistleblowing efficace e funzionante, in grado di prevenire e contrastare la corruzione e gli illeciti all’interno delle organizzazioni. Le aziende che non si adeguano a tali obblighi sono soggette a sanzioni amministrative pecuniarie di importo considerevole.
L’obbligo principale a carico delle aziende è quello di istituire canali di segnalazione interni che garantiscano la riservatezza dell’identità del segnalante e la protezione dei dati personali. Questi canali possono essere gestiti internamente o esternamente, ma devono essere progettati e gestiti in modo da garantire l’imparzialità, l’indipendenza e la professionalità nella gestione delle segnalazioni. I canali di segnalazione devono essere accessibili a tutti i dipendenti, collaboratori, fornitori e altri soggetti che intrattengono rapporti con l’azienda.
Le aziende devono anche adottare procedure interne per la gestione delle segnalazioni, che prevedano la ricezione, la verifica, l’analisi e la valutazione delle segnalazioni ricevute. Le procedure devono definire i tempi e le modalità di gestione delle segnalazioni, nonché le figure responsabili della gestione del canale di segnalazione e dell’adozione delle misure correttive appropriate. È fondamentale che le procedure interne siano chiare, trasparenti e accessibili a tutti i soggetti interessati.
Un altro obbligo importante a carico delle aziende è quello di formare il personale sulla normativa in materia di whistleblowing e sulle procedure interne di gestione delle segnalazioni. La formazione deve essere rivolta sia al personale addetto alla gestione del canale di segnalazione sia a tutti i dipendenti, collaboratori e fornitori. L’obiettivo è quello di sensibilizzare i soggetti interessati sull’importanza del whistleblowing e di fornire loro le conoscenze e le competenze necessarie per segnalare eventuali illeciti in modo corretto e sicuro.
Le aziende devono anche garantire la protezione dei dati personali dei segnalanti e delle persone coinvolte nelle segnalazioni. Il trattamento dei dati personali deve essere effettuato nel rispetto del GDPR e delle altre normative in materia di protezione dei dati personali. È fondamentale che le aziende adottino misure di sicurezza adeguate per proteggere i dati personali da accessi non autorizzati, perdite, distruzioni o alterazioni.
L’ANAC può comminare sanzioni anche nel caso in cui verifichi l’assenza di canali di segnalazione, la mancata adozione di processi per l’effettuazione e la gestione delle segnalazioni o la non conformità di tali processi rispetto a quanto previsto dalla legge, così come nel caso in cui accerti che non è stata svolta l’attività di verifica e analisi delle segnalazioni ricevute.
È importante sottolineare che le sanzioni amministrative pecuniarie non sono l’unica conseguenza per le aziende che non si adeguano alla normativa sul whistleblowing. La mancata adozione di un sistema di whistleblowing efficace può comportare anche danni reputazionali, perdite economiche, azioni legali da parte dei segnalanti e indagini da parte delle autorità competenti.
In sintesi, l’adeguamento alla normativa sul whistleblowing rappresenta un obbligo legale per le aziende, ma anche un’opportunità per migliorare la propria governance, prevenire la corruzione e promuovere una cultura aziendale basata sull’etica e l’integrità.
Oltre la conformità: verso un’etica della segnalazione
In questo scenario in rapida evoluzione, il whistleblowing emerge non solo come un obbligo legale, ma come un’espressione di responsabilità sociale d’impresa. Le organizzazioni che abbracciano attivamente la cultura della segnalazione non solo si proteggono da potenziali rischi legali e finanziari, ma contribuiscono anche a creare un ambiente di lavoro più trasparente, etico e responsabile. Questo approccio proattivo può portare a una maggiore fiducia da parte dei dipendenti, a una migliore reputazione aziendale e, in definitiva, a una maggiore sostenibilità a lungo termine.
Il whistleblowing, al di là degli adempimenti normativi, si configura come uno strumento di governance avanzata, un meccanismo di controllo interno che consente di intercettare tempestivamente anomalie e comportamenti illeciti, prevenendo danni irreparabili all’azienda e alla collettività. Promuovere un’etica della segnalazione significa incentivare i dipendenti a sentirsi parte attiva di un sistema di controllo diffuso, in cui la trasparenza e l’integrità sono valori condivisi.
Stimolare una riflessione personale sul tema del whistleblowing significa interrogarsi sul ruolo di ciascuno all’interno di un’organizzazione. Significa chiedersi se siamo disposti a far sentire la nostra voce di fronte a comportamenti che riteniamo non corretti, se siamo pronti a difendere i valori in cui crediamo, anche a costo di metterci in gioco in prima persona. Il whistleblowing, in fondo, è un atto di coraggio, un gesto di responsabilità che può fare la differenza tra il silenzio complice e il cambiamento positivo.
Nozione base di legale correlata: Il whistleblowing si interseca con il diritto del lavoro, in particolare con le norme che tutelano il lavoratore da ritorsioni a seguito di segnalazioni di illeciti.
Nozione di legale avanzata: Il whistleblowing solleva complesse questioni di responsabilità civile e penale, sia per il segnalante che per il soggetto segnalato, richiedendo un’attenta valutazione dei fatti e delle circostanze del caso.
Riflettiamoci: il confine tra lealtà e omertà è spesso sottile, ma la scelta di agire con integrità può contribuire a costruire un futuro migliore per tutti.