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- L'articolo 7 è stato attivato nel 2018 per le preoccupazioni sullo Stato di diritto.
- La Slovacchia bloccherà sanzioni all'Ungheria, ostacolando l'unanimità richiesta.
- L'approvazione di sanzioni richiede l'80% degli stati membri, al momento improbabile.
L’Unione Europea si trova nuovamente a un bivio cruciale riguardo al rispetto dello Stato di diritto e dei diritti fondamentali in Ungheria. Le crescenti preoccupazioni per le politiche del governo di Viktor Orbán, in particolare in relazione ai diritti LGBTQI+ e alla libertà dei media, hanno portato a nuove tensioni e a un rinnovato dibattito sull’applicazione dell’articolo 7 del Trattato sull’Unione Europea. Questo articolo, che prevede la sospensione dei diritti di voto di uno Stato membro in caso di violazioni gravi e persistenti dei valori fondanti dell’UE, è al centro di un acceso confronto tra i Paesi membri.
La Procedura dell’Articolo 7: Un Percorso Ostacolato
La procedura dell’articolo 7 è stata avviata nel 2018, quando il Parlamento Europeo ha espresso serie preoccupazioni per lo Stato di diritto in Ungheria. Da allora, il Consiglio dell’UE ha tenuto diverse audizioni, ma senza giungere a una decisione unanime sull’imposizione di sanzioni. La difficoltà risiede nella necessità di un voto unanime degli Stati membri, escluso il Paese interessato, per procedere con le sanzioni più severe, come la sospensione dei diritti di voto.
Un diplomatico dell’UE ha ammesso che, allo stato attuale, non vi è una maggioranza sufficiente per adottare tali misure. La Slovacchia, guidata da Robert Fico, ha già dichiarato che bloccherà qualsiasi tentativo di punire l’Ungheria per la difesa della sua sovranità nazionale. Altri Paesi potrebbero seguire l’esempio, rendendo ancora più difficile raggiungere l’unanimità necessaria.
Tuttavia, anche un rimprovero formale all’Ungheria, che richiederebbe l’approvazione dell’80% degli Stati membri, appare al momento improbabile. La situazione rimane quindi in una fase di stallo, con il rischio di minare la credibilità dell’UE nel far rispettare i propri valori fondamentali.
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Le Criticità al Centro del Dibattito
Diversi fattori contribuiscono alla crescente tensione tra l’UE e l’Ungheria. Tra questi, spiccano:
Il divieto del Gay Pride di Budapest, considerato una violazione dei diritti LGBTQI+.
Il progetto di legge sulla trasparenza, che potrebbe limitare il lavoro dei media finanziati dall’estero.
* La riforma costituzionale che sancisce il primato del diritto dei bambini a un “corretto sviluppo fisico, intellettuale e morale”, interpretata come una giustificazione per restrizioni dei diritti delle minoranze.
Questi provvedimenti sono stati oggetto di forti critiche da parte di numerosi Paesi membri e della Commissione Europea, che ha espresso “gravi preoccupazioni” e chiesto all’Ungheria di rivedere le proprie posizioni. La Commissione ha anche minacciato di utilizzare tutti gli strumenti a sua disposizione, compresa la possibilità di avviare procedure di infrazione, qualora le leggi ungheresi dovessero violare il diritto dell’UE.

La Sfida di Ilaria Salis e la Reazione Internazionale
In questo contesto di crescente tensione, l’eurodeputata Ilaria Salis ha annunciato la sua intenzione di partecipare al Gay Pride di Budapest. Questa decisione, se confermata, rappresenterebbe una sfida diretta al governo ungherese e una dimostrazione di solidarietà con la comunità LGBTQI+.
La partecipazione di Salis, che gode dell’immunità parlamentare, potrebbe attirare l’attenzione internazionale sulla situazione in Ungheria e rafforzare la pressione sull’UE affinché adotti misure più incisive. Tuttavia, potrebbe anche esacerbare ulteriormente i rapporti tra Budapest e Bruxelles. Gli organizzatori del Gay Pride hanno lanciato un appello alla partecipazione internazionale, sottolineando che la solidarietà e la visibilità sono fondamentali per resistere alla paura e all’odio. Hanno anche fornito rassicurazioni sui rischi legali, affermando che le multe, sebbene possibili, sono raramente applicate a livello internazionale e possono essere contestate legalmente.
Conclusioni: Un Bivio per l’Unione Europea
La situazione in Ungheria rappresenta un test cruciale per l’Unione Europea. La capacità dell’UE di far rispettare i propri valori fondamentali, come lo Stato di diritto, i diritti umani e la non discriminazione, è messa alla prova dalle politiche del governo di Viktor Orbán.
La procedura dell’articolo 7, pur essendo uno strumento potente, si è dimostrata difficile da applicare a causa della necessità di un’unanimità che appare sempre più irraggiungibile. Tuttavia, l’UE non può permettersi di rimanere inerte di fronte a quelle che molti considerano violazioni gravi e persistenti dei suoi principi fondanti.
La posta in gioco è alta: la credibilità dell’UE come garante dei diritti e delle libertà, la coesione interna tra gli Stati membri e la fiducia dei cittadini nel progetto europeo. È necessario un impegno rinnovato e una strategia più efficace per affrontare la situazione in Ungheria e garantire che i valori europei siano rispettati in tutti gli Stati membri.
Amici lettori, riflettiamo un attimo su quanto sta accadendo. L’articolo 7, questo strumento così potente eppure così difficile da maneggiare, ci ricorda che l’adesione all’Unione Europea non è solo una questione economica o politica, ma soprattutto un impegno a condividere e rispettare valori fondamentali.
Una nozione base di legale che si applica qui è il principio di supremazia del diritto dell’UE: le norme europee prevalgono su quelle nazionali in caso di conflitto. Questo significa che l’Ungheria, come tutti gli Stati membri, è tenuta a rispettare i diritti fondamentali sanciti dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea.
Ma c’è anche una nozione più avanzata da considerare: il principio di condizionalità. L’UE può subordinare l’erogazione di fondi europei al rispetto dello Stato di diritto. Questo strumento, già utilizzato in passato, potrebbe essere un modo per esercitare una pressione più efficace sull’Ungheria affinché rispetti i suoi obblighi.
E allora, cosa ne pensate? È giusto che l’UE utilizzi tutti gli strumenti a sua disposizione per far rispettare i suoi valori, anche a costo di sanzionare uno Stato membro? Oppure è preferibile privilegiare il dialogo e la cooperazione, anche se questo significa accettare compromessi? La risposta non è facile, ma è una domanda che dobbiamo porci per il futuro dell’Europa.