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- La Cassazione solleva dubbi sulla legge 114/2024 (riforma Nordio).
- La riforma contrasta con la Convenzione ONU (Merida 2003).
- Quattordici autorità giudiziarie sollevano questioni di costituzionalità.
Oggi, 7 maggio 2025, la Corte Costituzionale affronta una questione nodale per l’ordinamento giuridico italiano: la costituzionalità della riforma Nordio, che ha soppresso il reato di abuso d’ufficio. Questa udienza pubblica odierna è un momento chiave per determinare se tale soppressione sia coerente con i principi cardine della Costituzione e con gli impegni internazionali assunti dall’Italia.
Le ragioni del contendere: il rinvio della Cassazione
La questione è arrivata al vaglio della Consulta in seguito a un’ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 9442/2025, che ha espresso dubbi sulla compatibilità dell’articolo 1 della legge 114 del 9 agosto 2024, la cosiddetta riforma Nordio, con la Convenzione ONU contro la corruzione, siglata a Merida nel 2003 e ratificata dall’Italia con la legge 116/2009. In particolare, la Cassazione ha posto l’accento su un possibile contrasto con l’articolo 19 della Convenzione, che esorta gli Stati a criminalizzare i comportamenti riconducibili all’ex abuso d’ufficio. A parere dei giudici di legittimità, l’eliminazione dell’articolo 323 del Codice penale non è stata adeguatamente compensata da strumenti alternativi di prevenzione e controllo, determinando una lacuna normativa nella lotta alla corruzione e diminuendo il livello di protezione della legalità. La Corte di Cassazione ha riconosciuto la ratio del legislatore, volta a scongiurare la paralisi dell’azione amministrativa a causa della “burocrazia difensiva”, ma ha evidenziato che il bilanciamento tra operatività amministrativa e rispetto della legge non può tradursi nella completa cancellazione del reato senza l’introduzione di un sistema alternativo di vigilanza.
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Il vaglio della Consulta: un equilibrio delicato
La Corte Costituzionale si trova ora a dover soppesare attentamente l’esigenza di assicurare l’efficienza dell’apparato pubblico con la necessità di tutelare la legalità e impedire fenomeni corruttivi. Il giudice relatore, Giorgio Viganò, avrà l’incarico di presentare le questioni di legittimità sollevate dalla Cassazione, mentre oltre trenta avvocati, unitamente ai rappresentanti dell’Avvocatura dello Stato, parteciperanno al dibattito. Tra le figure di spicco del mondo forense, si distinguono i professori di diritto Vittorio Manes, Vincenzo Maiello, Giovanni Grasso e Giovanni Flora. La decisione della Consulta avrà un impatto considerevole sulla disciplina penale dei reati contro la pubblica amministrazione e sull’idea di legalità nel nostro Paese.

Le implicazioni concrete: casi sul tappeto e possibili conseguenze
L’abrogazione del reato di abuso d’ufficio, voluta dal governo Meloni e dal Ministro della Giustizia Carlo Nordio, ha già generato la cancellazione di svariate condanne divenute irrevocabili. Il magistrato di Locri, proponente del ricorso alla Consulta, ha reso noto che un individuo con condanna definitiva ha richiesto l’annullamento della stessa. Quattordici autorità giudiziarie hanno sollevato questioni di costituzionalità, e la Corte si trova ora ad esaminare se i singoli casi di abuso d’ufficio contenuti nelle ordinanze rischino di rimanere impuniti. La consapevolezza che i procedimenti potrebbero esaurirsi senza esito, qualora la Corte propendesse per la non ammissibilità o l’infondatezza, rappresenta un elemento di riflessione significativo per i giudici. La questione della “abolizione” del reato è centrale, poiché ripristinare un illecito che non esiste più si configura come una sfida complessa per la Consulta. Un precedente degno di nota è rappresentato dal caso del 2010, quando l’allora giudice Gaetano Silvestri ampliò l’ambito di una norma in materia di rifiuti, un caso di “reviviscenza” a seguito di un obbligo internazionale. La decisione della Corte avrà inevitabilmente una connotazione politica, ma dovrà fondarsi sui fatti e sulle questioni di legittimità costituzionale sollevate dalle ordinanze dei tribunali. Tra le fattispecie al vaglio della Consulta, si segnalano ordinanze concernenti concorsi pubblici manipolati, rilasci illegittimi di concessioni edilizie, abusi in materia di permessi ambientali e conflitti di interesse nel settore dei servizi veterinari.
Quale futuro per l’abuso d’ufficio?: Riflessioni conclusive
La decisione della Corte Costituzionale sull’abrogazione del reato di abuso d’ufficio avrà un impatto rilevante sul sistema giuridico italiano e sulla percezione della legalità all’interno della pubblica amministrazione. La Consulta si trova di fronte a un compito gravoso: conciliare l’esigenza di assicurare la funzionalità amministrativa con la necessità di tutelare la legalità e prevenire la corruzione. La pronuncia che sarà emessa influenzerà le modalità in cui i funzionari pubblici esercitano il loro potere e la fiducia dei cittadini nelle istituzioni.
Amici lettori, meditiamo insieme su questa problematica complessa. Un principio giuridico basilare che emerge è il principio di legalità, elemento fondamentale del nostro ordinamento, che prescrive che ogni azione dei pubblici poteri debba basarsi su una legge. Un concetto più avanzato è quello di “eccesso di potere”, che si verifica quando un funzionario pubblico opera al di fuori dei confini delle sue competenze o in maniera irragionevole.
La riforma Nordio, cancellando l’abuso d’ufficio, ha posto interrogativi sulla capacità del nostro sistema giuridico di punire efficacemente le condotte illecite dei pubblici funzionari. È indispensabile che la decisione della Corte Costituzionale prenda in considerazione tutti gli interessi coinvolti e che si trovi un punto di equilibrio tra l’urgenza di evitare l’immobilismo della pubblica amministrazione e la necessità di garantire la legalità e la trasparenza. Solo così potremo edificare un futuro in cui la pubblica amministrazione sia al servizio dei cittadini e non dei propri interessi.