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- Corte Costituzionale: stop al divieto di prevalenza attenuante vizio di mente (130/2025).
- Eliminato il divieto di prevalenza lieve entità sulla recidiva (sentenza 117/2025).
- Sentenza 86/2024: attenuante della lieve entità per ridurre punizioni esagerate.
Il 2025 rappresenta una fase caratterizzata da significative trasformazioni nell’ambito del diritto italiano, focalizzandosi in modo particolare sulla modulazione delle pene, nonché sull’ampia discrezionalità concessa ai giudici. Le recenti pronunce della Corte Costituzionale – identificabili come sentenza n. 130, emessa il 21 luglio 2025, e sentenza n. 117, datata il 26 luglio dello stesso anno – costituiscono un vero e proprio turning point nel processo decisionale riguardante le circostanze attenuanti ed aggravanti in relazione ai crimini di rapina.
Ampliamento dell’attenuante per vizio di mente
La pronuncia n. 130/2025 da parte della Corte Costituzionale ha stabilito che è incostituzionale il divieto che impedisce il riconoscimento come prevalente o equivalente – nella valutazione penale – delle circostanze attenuanti legate al vizio parziale di mente, a fronte dell’aggravante inerente alla rapina, perpetrata contro individui attivi presso sportelli bancomat oppure recentemente impegnati in tali operazioni. Tale orientamento trae spunto da una sentenza emessa nel 2023, dove era già stata dichiarata l’illegittimità relativa al non riconoscimento della priorità dell’attenuante dovuta al vizio parziale sulle aggravanti riguardanti le rapine effettuate all’interno delle abitazioni.
Nella propria argomentazione giuridica riguardo a questa questione delicata, la Corte evidenzia come sia illogico trattare diversamente casi affini nei quali sia compromessa l’attitudine a discernere tra ciò che è lecito e illecito da parte dell’aggressore. Infatti, dall’analisi delle due fattispecie – vizi mentali ed età minorile – emergono evidenti similarità relative alla diminuita consapevolezza circa il valore negativo dei comportamenti adottati oltre a una limitata gestione degli istinti. Di conseguenza, vieta concedere maggiore importanza all’attenuante risultando contradditorio non fare lo stesso per chi rientra nella categoria dei minorenni; tale incongruenza confligge con i principi fondamentali stabiliti dalla Costituzione attinenti all’eguaglianza tra gli individui.

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Eliminazione del divieto di prevalenza della lieve entità sulla recidiva reiterata
La pronuncia numero 117/2025 si sofferma su un tema cruciale inerente il crimine della rapina. La Corte Costituzionale ha stabilito l’illegittimità costituzionale del comma 4 dell’articolo 69 del codice penale poiché stabilisce un divieto categorico riguardante la possibilità per le attenuanti derivate dalla lieve entità dell’azione di essere riconosciute come predominanti rispetto all’aggravante rappresentata dalla recidiva reiterata. Tale attenuante era stata assimilata attraverso la decisione n.86/2024, proprio per ridurre punizioni ritenute esagerate nei contesti caratterizzati da rapine a bassa offensività.
L’articolo citato vietava ai giudici qualsiasi valutazione volta a dare precedenza alle suddette attenuanti rispetto alla recidiva ripetuta; ciò avveniva anche nei frangenti dove si trattasse esclusivamente di azioni poco gravi sul piano giuridico e sociale. Pertanto, la Corte Costituzionale ha riconosciuto che tale meccanismo automatico contrasta con i fondamenti dei principi relativi alla proporzionalità e alla personalizzazione delle pene così come proclamati negli articoli 3 e 27 della Costituzione. Inoltre, viene messo in luce come il divieto menzionato comprometta non solo l’efficacia riequilibratrice associata all’attenuante riguardante la lieve entità ma ostacoli anche l’opportuno esercizio discrezionale da parte dei magistrati nel determinare una sanzione adeguatamente calibrata sulla specifica gravità delle infrazioni compiute.
Implicazioni e conseguenze delle sentenze
Le recenti pronunce emesse dalla Corte Costituzionale rivestono un significato cruciale per il panorama giuridico penale italiano. Anzitutto, esse amplificano la discrezionalità riservata ai magistrati nell’imposizione delle sanzioni penali; infatti, questo consente un approccio meno rigido nell’analisi delle circostanze attenuanti e aggravanti, adeguando così l’applicazione delle pene alle peculiarità specifiche dei singoli casi esaminati. Inoltre, tali decisioni si oppongono agli automatismi imposti dalla legge che ostacolano una corretta variazione delle pene in relazione sia alla serietà dell’infrazione commessa sia alle caratteristiche personali dell’imputato.
Particolarmente significativa è la sentenza n. 117/2025; essa abroga il vincolo che proibiva la prioritaria considerazione dell’attenuante derivante dall’entità marginale del reato rispetto al ripetersi degli atti criminosi nella fattispecie legata alla rapina. Ciò ristabilisce dunque l’autonomia del giudice nel ponderare le diverse circostanze secondo gli imperativi di individualizzazione e proporzionalità della pena, nonché considerando anche l’aspetto rieducativo associato a essa.
Verso un diritto penale più umano e proporzionato
Le recenti pronunce giurisprudenziali segnano una significativa evoluzione verso un diritto penale maggiormente umano ed equilibrato. Qui, la misura punitiva viene calibrata secondo l’entità dell’offesa commessa nonché la responsabilità attribuita all’autore dello stesso atto. In questo contesto, la Corte Costituzionale sottolinea nuovamente l’importanza preminente del diritto penale legato ai fatti concreti, rinforzando contestualmente l’autorità giurisdizionale nell’adattare la risposta sanzionatoria alle specifiche peculiarità dei casi trattati.
Fondamentali nel presente dibattito sono i principi essenziali come quello di individualizzazione della pena, vincolante per ogni giudice nell’analisi approfondita delle circostanze peculiari a ciascun processo insieme alle caratteristiche intrinseche dell’imputato stesso durante l’assegnazione delle pene. A questa visione si affianca quella evoluta relativa alla proporzionalità della pena, esigendo che qualsiasi penalizzazione corrisponda esattamente all’entità deleteria dell’illecito perpetrato oltre al valore morale negativo associabile al comportamento scorretto.
Tali pronunce stimolano una profonda introspezione circa il significato retributivo delle pene nei diversi ordinamenti legali contemporanei; ciò pone in rilievo non solo l’urgenza d’un assetto equo ma anche il dovere fondamentale d’assicurare che le punizioni inflitte siano improntate a criteri tanto giusti quanto idonei ad agevolare il recupero sociale degli individui condannati. Il sistema giuridico deve costantemente cercare un punto di bilanciamento tra il rispetto della safety sociale e l’integrità dei diritti personali, escludendo procedure meccaniche o inflesibili che rischiano di generare esiti non equitativi o squilibrati.