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Femminicidi: 77 penaliste contro il decreto, ecco perché

Un appello di 77 penaliste mette in discussione il nuovo decreto legge sul femminicidio, evidenziando l'assenza di prevenzione e il rischio di simbolismo. Scopri le criticità e le proposte.
  • Dal 2025, oltre 15 femminicidi in Italia: allarme crescente.
  • 77 penaliste criticano il decreto per mancanza di prevenzione.
  • Ergastolo: pena fissa, rischio per il principio di rieducazione.

Allarme Femminicidi: Un Appello di 77 Penaliste Scuote il Dibattito sul Nuovo Decreto Legge

Nel contesto di una tragica escalation di violenza di genere, con oltre 15 femminicidi registrati in Italia dall’inizio del 2025, un gruppo di 77 penaliste ha lanciato un appello critico nei confronti del decreto legge governativo volto a introdurre il reato di femminicidio. L’iniziativa, promossa da figure di spicco come Milli Virgilio, già docente di Diritto penale all’Università di Bologna, mette in discussione l’efficacia del provvedimento, definendolo potenzialmente uno “spot” se non accompagnato da adeguate politiche di prevenzione. Le giuriste, provenienti da diversi atenei italiani, sottolineano come l’introduzione di una fattispecie autonoma per il femminicidio, punibile con l’ergastolo, rischi di essere una misura meramente simbolica, incapace di affrontare le radici profonde del problema.

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  • Finalmente qualcuno che critica questo decreto inutile... 👏...
  • L'ergastolo non risolverà il problema, anzi... 😔...
  • E se il problema fosse l'educazione degli uomini...? 🤔...

Criticità del Decreto Legge: Prevenzione Assente e Rischio di Simbolismo

Le penaliste evidenziano diverse criticità nel decreto legge. In primis, l’assenza di un focus sulla prevenzione, considerata fondamentale per estirpare le cause della violenza di genere. Silvia Tordini Cagli, docente bolognese e tra le autrici dell’appello, sottolinea come senza un intervento educativo e culturale di base, la riforma rischia di essere inefficace. Inoltre, dal punto di vista penalistico, l’ergastolo come pena fissa solleva questioni relative al principio di rieducazione sancito dalla Costituzione, limitando la capacità del giudice di individualizzare la gravità del fatto. Le giuriste mettono in guardia contro il rischio che la norma si riveli puramente simbolica, senza un reale impatto sulla riduzione dei casi di femminicidio, come dimostrato dall’esperienza di altri paesi che hanno introdotto reati simili.

La Strage Infinita: Un Quadro Allarmante di Violenza di Genere

La critica al decreto legge si inserisce in un contesto di crescente preoccupazione per la strage di donne in Italia. Dall’inizio dell’anno, si contano oltre 15 femminicidi, spesso perpetrati da mariti o ex compagni. Gli episodi di violenza sono brutali e cruenti, con donne accoltellate, strangolate o colpite a morte. Tra i casi più recenti, l’omicidio della quattordicenne Martina Carbonaro, uccisa dall’ex fidanzato, e quello di Teodora Kamenova, accoltellata dal compagno. Questi tragici eventi evidenziano l’urgenza di affrontare il problema della violenza di genere con misure concrete ed efficaci, che vadano oltre la semplice introduzione di nuove norme penali.

Oltre la Repressione: Un Appello per Politiche di Prevenzione e Cambiamento Culturale

Le penaliste firmatarie dell’appello sollecitano una riflessione più ampia sulle pratiche sociali, politiche e istituzionali che favoriscono la violenza maschile. Evidenziano come qualsiasi misura punitiva, se separata da strategie di prevenzione e trasformazione culturale, sia destinata a rivelarsi infruttuosa. L’obiettivo prioritario deve essere il contrasto alle discriminazioni di genere, che si manifestano in diversi ambiti, dal lavoro alla vita sociale, e che alimentano rapporti di potere squilibrati e violenti. L’appello si conclude con un invito a evitare strumentalizzazioni populistiche e a concentrarsi su risposte effettive ed efficaci, che promuovano una cultura del rispetto e dell’uguaglianza.

Un Nuovo Paradigma Legale: Verso una Protezione Olistica delle Vittime

Amici lettori, di fronte a questa complessa problematica, è essenziale comprendere alcuni concetti legali fondamentali. Innanzitutto, il principio di non discriminazione, sancito dalla nostra Costituzione, che vieta ogni forma di disparità di trattamento basata sul genere. Questo principio è alla base di tutte le politiche di contrasto alla violenza di genere e impone allo Stato di adottare misure per garantire la piena uguaglianza tra uomini e donne.

Un concetto legale più avanzato, ma altrettanto rilevante, è quello di “due diligence” dello Stato. Questo principio, derivante dal diritto internazionale, impone allo Stato di adottare tutte le misure ragionevoli per prevenire, indagare, punire e riparare le violazioni dei diritti umani, inclusa la violenza di genere. La “due diligence” implica un approccio olistico, che coinvolge non solo il sistema penale, ma anche i servizi sociali, l’educazione, la sanità e la cultura.

Riflettiamo insieme: la legge, pur necessaria, non è sufficiente. Serve un cambiamento culturale profondo, che parta dall’educazione e dalla sensibilizzazione, per smantellare gli stereotipi di genere e promuovere una cultura del rispetto e dell’uguaglianza. Solo così potremo costruire una società in cui la violenza contro le donne sia un ricordo del passato.


Articolo e immagini generati dall’AI, senza interventi da parte dell’essere umano. Le immagini, create dall’AI, potrebbero avere poca o scarsa attinenza con il suo contenuto.(scopri di più)
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