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- Dal 2014 al 2025, oltre 1.700.000 richieste di rimozione.
- L'ia ricostruisce profili digitali da dati frammentari.
- Il GDPR potrebbe non bastare contro l'oblio digitale.
Originariamente concepito per limitare la persistenza indefinita dei dati online, il diritto all’oblio si trova ora a fronteggiare una sfida inedita: la capacità dell’IA di ricostruire e riproporre informazioni considerate obsolete o irrilevanti. Questo solleva interrogativi cruciali sulla protezione della reputazione digitale e sulla possibilità di una vera “cancellazione” del passato online. Il diritto all’oblio è stata una pietra miliare del web e che ciò che viene condiviso online rimarrà lì per sempre. La rete, infatti, tende a conservare indefinitamente ciò che vi viene pubblicato, rendendo estremamente difficile la rimozione di articoli, immagini o altre informazioni una volta che queste sono apparse. Undici anni fa, tuttavia, una pronuncia della Corte di Giustizia Europea ha introdotto per la prima volta il concetto di diritto all’oblio digitale. Tale sentenza, scaturita da una vertenza tra un cittadino spagnolo e Google, ha stabilito la facoltà dei cittadini europei di richiedere la rimozione dai motori di ricerca di contenuti che li riguardano qualora questi non siano più pertinenti o non riflettano la loro situazione attuale. Tra il 2014 e il 2025, le richieste di rimozione dagli utenti sono state più di 1.700.000.
La problematica emerge con particolare evidenza nel contesto dei chatbot e dei sistemi di IA addestrati su vasti archivi di dati. Anche se un individuo ottiene la deindicizzazione di contenuti dai motori di ricerca, l’IA potrebbe comunque accedere a versioni “congelate” di tali informazioni, perpetuando narrazioni che si credevano archiviate. Ciò può avere conseguenze significative per la reputazione di individui e aziende, soprattutto in situazioni in cui eventi passati, come procedimenti giudiziari conclusi con un’assoluzione, continuano a essere associati al loro nome. Un ulteriore problema deriva dalla proliferazione incontrollata di nuovi motori di ricerca, poiché “La deindicizzazione di un contenuto su Google potrebbe poi non essere effettiva su altri motori di ricerca come Bing o Yahoo, che costituiscono un’altra fonte da cui questi modelli attingono”. Questo fa sì che i modelli attingano un archivio di informazioni congelato nel tempo. Ad esempio, se un utente dovesse chiedere all’IA informazioni su un evento recente, come il Conclave in corso per la scelta del nuovo Pontefice, le risposte fornite sarebbero basate su dati reperiti direttamente dal web. È una consapevolezza fondamentale che l’utente dovrebbe sempre avere quando si rivolge a questi strumenti per ottenere le più diverse informazioni.
La ricostruzione algoritmica dell’identità
L’intelligenza artificiale, grazie alla sua capacità di analizzare e correlare enormi quantità di dati, può ricostruire profili digitali anche a partire da informazioni frammentarie e apparentemente scollegate. Questo processo di “ricostruzione algoritmica” solleva interrogativi inquietanti sulla possibilità di esercitare un controllo effettivo sulla propria identità digitale. Anche se un individuo si adopera per rimuovere tracce del proprio passato online, l’IA potrebbe comunque aggregare dati provenienti da social media, archivi pubblici e altre fonti, creando un quadro potenzialmente distorto o incompleto. Questo mette in discussione l’efficacia del diritto all’oblio nel proteggere gli individui da forme di profilazione e discriminazione basate su informazioni obsolete o inaccurate. *Un esempio tipico è rappresentato dalla vicenda di un dirigente del settore delle infrastrutture pubbliche, inizialmente coinvolto in un procedimento per presunte irregolarità in una gara d’appalto e successivamente prosciolto con formula piena; nonostante la rimozione dai motori di ricerca delle informazioni relative all’indagine, il sistema di IA continuava a presentare la vecchia accusa come un elemento significativo associato alla sua figura professionale. Similmente, se un utente interrogasse l’IA su un evento di stretta attualità, come un conclave in corso per l’elezione del nuovo Papa, le risposte fornite deriverebbero da informazioni estratte direttamente dalla rete. La qualità delle informazioni riguardanti eventi storici e quelle relative a fatti recenti è quindi profondamente diversa e dipende dalla “memoria storica” del chatbot. Questa è una consapevolezza che l’utente dovrebbe sempre mantenere quando si rivolge a questi strumenti per ottenere risposte di ogni tipo.
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L’impatto del gdpr e le nuove frontiere legislative
Il Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati (GDPR) ha rappresentato un passo avanti significativo nella tutela della privacy online, ma la sua applicazione nel contesto dell’IA solleva questioni complesse. Mentre alcuni esperti ritengono che il GDPR fornisca già gli strumenti necessari per affrontare le sfide poste dall’IA, altri invocano la necessità di nuove leggi e interpretazioni giuridiche. Il GDPR stabilisce che i dati personali devono essere accurati, aggiornati e pertinenti, ma la natura dinamica e autoapprendente degli algoritmi di IA rende difficile garantire il rispetto di tali principi. La profilazione algoritmica, ad esempio, può portare a decisioni automatizzate che discriminano gli individui sulla base di informazioni obsolete o imprecise. Per garantire un controllo effettivo sulla propria identità digitale, è necessario un approccio olistico che combini tutele legali rafforzate con meccanismi di trasparenza e responsabilità per gli sviluppatori e i gestori di sistemi di IA. È quindi essenziale valutare attentamente se i dati personali siano divenuti superati o non aggiornati con il passare del tempo. Un individuo può, in particolare, richiedere la deindicizzazione di un contenuto specifico qualora le informazioni personali siano palesemente errate perché obsolete o datate.

Verso un nuovo equilibrio tra memoria e oblio
La sfida posta dall’intelligenza artificiale al diritto all’oblio richiede una riflessione approfondita sui valori che vogliamo tutelare nella società digitale. Da un lato, è fondamentale garantire la libertà di espressione e l’accesso all’informazione, elementi essenziali per il dibattito pubblico e la responsabilità democratica. Dall’altro, è necessario proteggere gli individui da forme di discriminazione e stigmatizzazione basate su informazioni obsolete o inaccurate. Trovare un equilibrio tra questi interessi contrapposti è un compito arduo, ma non impossibile. Richiede un approccio multidisciplinare che coinvolga giuristi, esperti di tecnologia, rappresentanti della società civile e decisori politici. Solo attraverso un dialogo aperto e inclusivo potremo definire un quadro normativo che sia al tempo stesso efficace nel proteggere la privacy e promuovere l’innovazione responsabile.
Come evidenziato da Agenda Digitale, l’intelligenza artificiale potrebbe rappresentare un punto debole significativo, potenzialmente compromettendo lo scopo principale per cui è stata concepita la deindicizzazione. Infatti, se lo scopo della deindicizzazione dai motori di ricerca è quello di eliminare la connessione diretta tra una notizia e il nome della persona interessata, impedendo che una ricerca effettuata a partire da quel nome restituisca una serie di notizie ritenute lesive di una personalità che non corrisponde più alla situazione attuale, qualora tali notizie siano state utilizzate per addestrare l’intelligenza artificiale, si riattiverebbe il collegamento tra il nome dell’interessato e le informazioni ritenute non più pertinenti.
Per un oblio digitale sostenibile
Navigare le complessità del diritto all’oblio nell’era digitale richiede una bussola legale ben calibrata. Immagina il diritto all’oblio come un sentiero di montagna: la deindicizzazione è il primo passo, un’azione di base per rimuovere le informazioni dai motori di ricerca più comuni. Tuttavia, come un escursionista esperto sa, il percorso non finisce qui.
Una nozione legale avanzata ci suggerisce di considerare l’articolo 17 del GDPR* come un’opportunità per un’azione più incisiva. Non limitarti alla deindicizzazione; valuta attentamente la possibilità di richiedere la cancellazione completa dei dati, specialmente quando la loro presenza online viola i tuoi diritti fondamentali.
Ricorda, la tecnologia evolve rapidamente, ma i principi fondamentali di dignità e autodeterminazione devono guidare la nostra interpretazione del diritto. Rifletti su come vuoi essere percepito online e agisci proattivamente per plasmare la tua identità digitale.








