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Scandalo: accordo Italia-Albania sotto accusa, cosa succederà ora?

Il protocollo Italia-Albania per la gestione dei migranti è al centro di un acceso dibattito giuridico e politico. Scopri le contestazioni, le sentenze e le possibili conseguenze per il futuro dell'immigrazione in Europa.
  • Il protocollo Italia-Albania firmato il 6 novembre 2023 crea centri per migranti.
  • Tribunali italiani contestano la conformità costituzionale, da novembre a dicembre 2024.
  • Il 10 aprile 2025, l'avvocato generale si esprime sulla designazione di nazioni sicure.
  • Tribunale di Roma chiede alla Corte UE la legalità della detenzione.
  • Piano triennale per 500.000 lavoratori stranieri solleva interrogativi.

Un Quadro Giuridico in Evoluzione

Il protocollo d’intesa tra Italia e Albania, firmato a Roma il 6 novembre 2023, ha generato un acceso dibattito nell’ambito giuridico e politico italiano. L’accordo, ideato come soluzione innovativa per la gestione dei movimenti migratori, prevede la creazione di due centri in territorio albanese, precisamente a Shengjin e Gjadër, destinati all’analisi delle domande di asilo di migranti recuperati in mare da unità navali italiane. L’intento dichiarato è di ridurre la pressione sulle strutture nazionali, velocizzare le procedure e rafforzare i controlli, pur preservando la giurisdizione legale in mano all’Italia. Tuttavia, fin dalle prime fasi di attuazione, il protocollo ha sollevato numerose domande sulla sua legittimità, incrementate ulteriormente dalla sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (causa C-406/22, CV c. Repubblica Ceca) del 4 ottobre 2024. La Corte ha chiarito che uno Stato membro può definire un Paese terzo come “Paese di origine sicuro” solamente se tale definizione comprende l’intero territorio e tutte le categorie sociali. I magistrati italiani hanno adottato questo principio per contestare la conformità costituzionale del protocollo, evidenziando la mancanza di protezioni effettive all’interno dei centri albanesi.

In risposta alle crescenti contestazioni, il governo italiano ha emanato il decreto legge 158/2024, successivamente abrogato, ma convalidando gli effetti già prodotti. Questa azione ha suscitato una serie di prese di posizione da parte di vari tribunali italiani. In particolare, tra novembre e dicembre 2024, il Tribunale di Roma ha sospeso la convalida dei trattenimenti nelle strutture albanesi, deferendo la questione alla Corte di Giustizia. Sentenze simili sono state emesse dai tribunali di Firenze (4 giugno), Bologna (29 ottobre), Roma (4, 5 e 13 novembre) e Palermo (6 novembre), delineando un ampio e compatto fronte giudiziario. L’aspetto cruciale di tali azioni legali risiede nella compatibilità tra le procedure accelerate applicate nei centri albanesi e le tutele stabilite dal diritto dell’Unione Europea, oltre che nella legittimità della classificazione di Paesi come “sicuri” in presenza di eccezioni individuali o regionali. *Un momento saliente è costituito dall’ordinanza del Tribunale di Roma dell’11 novembre 2024, che ha demandato alla Corte UE la valutazione sulla legalità della detenzione di sette richiedenti asilo nel centro di Gjadër.

Le Valutazioni dell’Avvocato Generale e le Decisioni della Cassazione

Il 10 aprile 2025, l’avvocato generale Jean Richard de la Tour ha esposto le proprie considerazioni nelle cause congiunte C-758/24 e C-759/24, affermando che uno Stato membro può designare una nazione come “sicura” anche mediante atto legislativo, purché ai richiedenti sia garantita la possibilità di contestare tale supposizione e al giudice nazionale il pieno esercizio del proprio controllo, compresa la verifica delle fonti informative su cui essa si basa, nel rispetto del diritto dell’Unione. La Cassazione penale (Sez. I, ordinanza 20 giugno 2025) ha ulteriormente arricchito il quadro, sollevando due questioni pregiudiziali supplementari: la prima, riguardante la possibilità di trattenere migranti in Albania in mancanza di concrete prospettive di rimpatrio. La seconda, concernente la legittimità del trattenimento nel caso in cui la domanda d’asilo sia considerata puramente strumentale. Parallelamente, l’Ufficio del Massimario della Corte di Cassazione ha manifestato preoccupazione sul piano generale. Attraverso la Relazione n. 60/2025, la Suprema Corte ha evidenziato possibili profili di illegittimità costituzionale nell’attuazione del protocollo, prospettando il rischio di violazione degli articoli 10, 13 e 24 della Costituzione.

La Modifica del Centro di Gjadër e le Questioni Costituzionali

A seguito delle numerose critiche e decisioni dei giudici italiani, con il decreto legge n. 37 del 28 marzo 2025 (convertito con legge 23 maggio 2025, n.75), la struttura di Gjadër è stata trasformata in un CPR (Centro di Permanenza per i Rimpatri), dove gli individui vengono trattenuti qualora sussistano ragioni valide per ritenere che la richiesta di protezione internazionale sia stata presentata con l’unico fine di rimandare o impedire l’esecuzione del respingimento o dell’espulsione. Nonostante sia formalmente paragonabile ai CPR già operativi sul suolo italiano, la struttura di Gjadër continua a essere oggetto di obiezioni legali, in particolare a causa dell’assenza di un quadro normativo primario chiaro e conforme ai principi costituzionali. La Corte costituzionale è intervenuta proprio su questo aspetto con la sentenza 96/2025. L’esito dell’intesa è incerto, poiché, qualora nelle future sentenze il giudice dell’Unione dovesse ravvisare una violazione della normativa europea, l’intera struttura giuridica su cui si fonda il modello Albania verrebbe meno.
Verso un Nuovo Modello Migratorio? Riflessioni Conclusive

La vicenda del protocollo Italia-Albania solleva interrogativi fondamentali sull’approccio europeo alla gestione dei flussi migratori. Si possono realmente proteggere i confini esternalizzando le procedure e spostando le persone e i diritti “un po’ più in là”? La risposta a questa domanda è tutt’altro che semplice e richiede una riflessione approfondita sui valori fondanti dell’Unione Europea e sul rispetto dei diritti umani. La contemporaneità tra le polemiche sul protocollo e il varo del piano per l’immigrazione legale evidenzia la complessità e le contraddizioni del dibattito politico sull’immigrazione, spesso polarizzato da posizioni ideologiche e propagandistiche. Il piano triennale per l’ingresso di 500.000 lavoratori stranieri, pur accolto favorevolmente dalle organizzazioni datoriali, solleva interrogativi sulle procedure di accoglienza e sulla necessità di una riforma della legge Bossi-Fini.

Amici lettori, spero che questo articolo vi abbia fornito una panoramica completa e dettagliata della complessa vicenda del protocollo Italia-Albania. Per comprendere appieno le implicazioni legali di questa vicenda, è fondamentale conoscere il principio del “non-refoulement”, sancito dall’articolo 33 della Convenzione di Ginevra sui Rifugiati, che vieta agli Stati di respingere o espellere un rifugiato verso un Paese in cui la sua vita o la sua libertà sarebbero minacciate. Un concetto legale avanzato, ma cruciale in questo contesto, è quello della “responsabilità condivisa”* tra gli Stati membri dell’Unione Europea nella gestione dei flussi migratori, che implica la necessità di una cooperazione solidale e di una distribuzione equa degli oneri. Vi invito a riflettere su come bilanciare la necessità di controllare i confini con il dovere di proteggere i diritti fondamentali delle persone migranti, in un mondo sempre più interconnesso e globalizzato.


Articolo e immagini generati dall’AI, senza interventi da parte dell’essere umano. Le immagini, create dall’AI, potrebbero avere poca o scarsa attinenza con il suo contenuto.(scopri di più)
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