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Licenziamento per comporto: quando l’onere della prova è del lavoratore

Scopri come la Cassazione ha ribadito che il lavoratore deve dimostrare che le assenze per malattia sono legate a responsabilità del datore di lavoro, con importanti implicazioni per i licenziamenti.
  • L'ordinanza 14157/2025 ribadisce l'onere della prova al lavoratore.
  • Il lavoratore deve provare la violazione dell'art. 2087 c.c..
  • Sentenza 4166/2025: datore responsabile se mancano misure preventive.

L’Onere della Prova nel Licenziamento per Superamento del Comporto

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 14157 del 27 maggio 2025, ha ribadito un principio fondamentale in materia di licenziamento per superamento del periodo di comporto: spetta al lavoratore, che impugna il licenziamento, dimostrare che le assenze per malattia non debbano essere considerate nel calcolo del comporto, in quanto derivanti da una patologia di origine professionale imputabile a responsabilità del datore di lavoro ai sensi dell’articolo 2087 del Codice Civile.

Il caso specifico riguardava un lavoratore licenziato per aver superato il periodo di comporto previsto dal contratto collettivo. Il lavoratore aveva impugnato il licenziamento, sostenendo che alcune delle sue assenze erano dovute a una malattia professionale causata dalle sue mansioni. La Corte d’Appello aveva respinto la richiesta del dipendente, sostenendo che non fosse stata sufficientemente provata l’origine professionale delle assenze e l’eventuale colpa del datore di lavoro.

La Cassazione, confermando la decisione della Corte d’Appello, ha precisato che l’onere della prova grava sul lavoratore che impugna il licenziamento. Il lavoratore deve dimostrare che la malattia è dipesa dalle mansioni svolte e che il datore di lavoro ha violato l’articolo 2087 del Codice Civile, omettendo di adottare le misure necessarie a tutelare la sua salute e sicurezza.

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Malattia Professionale: Quando il Datore di Lavoro è Responsabile

La recente ordinanza n. 4166/2025 della Corte di Cassazione ha ulteriormente chiarito i criteri per stabilire la responsabilità del datore di lavoro in caso di malattia professionale. La sentenza sottolinea che la responsabilità del datore di lavoro non è automatica, ma dipende dalla dimostrazione di un nesso causale tra l’attività lavorativa e l’insorgenza della patologia, nonché dalla mancanza di adeguate misure di prevenzione da parte dell’azienda.
La Corte ha operato una distinzione tra infortuni sul lavoro e malattie professionali. Mentre gli infortuni si configurano come eventi istantanei e d’impatto, le malattie professionali tendono a manifestarsi progressivamente in seguito a un’esposizione prolungata a fattori dannosi. Proprio per questa natura progressiva, è fondamentale che il lavoratore fornisca prove concrete del collegamento tra la sua patologia e le condizioni lavorative.

Nel caso esaminato, una dipendente comunale che lavorava in un asilo nido aveva richiesto un risarcimento per una patologia lombare. La Corte non ha accolto la richiesta, mettendo in luce come prima del 2007 non esistessero evidenze scientifiche consolidate sui rischi specifici legati a mansioni di quel tipo. Inoltre, il Comune aveva in seguito introdotto appropriate precauzioni preventive, come l’utilizzo di mobili ergonomici e controlli sanitari periodici.

L’Articolo 2087 del Codice Civile e la Tutela della Salute

L’articolo 2087 del Codice Civile impone al datore di lavoro di adottare tutte le misure necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei dipendenti. Tuttavia, la Corte di Cassazione ha chiarito che questa responsabilità non è di natura oggettiva. La responsabilità del datore di lavoro sussiste esclusivamente nel caso in cui questi abbia omesso di seguire le dovute precauzioni in base alle conoscenze scientifiche e tecniche disponibili nel dato momento.

In altre parole, il datore di lavoro non può essere chiamato a rispondere per eventi non prevedibili o per pericoli non ancora accertati dalla comunità scientifica. Il pronunciamento della Cassazione stabilisce un bilanciamento delicato ma cruciale tra la protezione dei lavoratori e le esigenze delle imprese. I dipendenti meritano protezione da condizioni lavorative potenzialmente dannose, ma non si possono imporre oneri eccessivi alle aziende in assenza di un chiaro legame tra la patologia e l’ambiente di lavoro.

Per ottenere un risarcimento, il lavoratore deve quindi provare:
L’origine della patologia riconducibile all’ambito lavorativo. La mancata implementazione, da parte del datore di lavoro, di misure preventive appropriate sulla base delle conoscenze scientifiche accessibili all’epoca dei fatti.

Verso un Equilibrio tra Tutela e Responsabilità: Riflessioni Conclusive

La giurisprudenza recente, come evidenziato dalle sentenze della Cassazione, si muove verso una maggiore responsabilizzazione del lavoratore nella dimostrazione del nesso causale tra malattia e attività lavorativa, pur mantenendo fermo l’obbligo del datore di lavoro di garantire un ambiente di lavoro sicuro e salubre. Questo approccio richiede una valutazione rigorosa e basata su evidenze scientifiche, evitando automatismi e generalizzazioni.

La sfida è quella di trovare un equilibrio tra la tutela dei diritti dei lavoratori e la necessità di non gravare eccessivamente sulle imprese, soprattutto in un contesto economico in continua evoluzione. Un approccio basato sulla prevenzione, sulla formazione e sull’aggiornamento continuo delle conoscenze in materia di sicurezza sul lavoro può contribuire a ridurre il rischio di malattie professionali e a promuovere un ambiente di lavoro più sano e produttivo.

Un concetto legale di base da tenere a mente è il principio di causalità, che richiede una connessione diretta e dimostrabile tra l’azione (o omissione) del datore di lavoro e il danno subito dal lavoratore. Un concetto legale più avanzato è quello di responsabilità sociale d’impresa, che implica un impegno da parte delle aziende a operare in modo etico e sostenibile, tenendo conto dell’impatto delle proprie attività sulla salute e sicurezza dei lavoratori.

Riflettiamo: in un’epoca di rapidi cambiamenti tecnologici e di nuove forme di lavoro, come possiamo garantire che la tutela della salute e sicurezza dei lavoratori rimanga una priorità, senza compromettere la competitività delle imprese? Quali strumenti e strategie possiamo adottare per promuovere una cultura della prevenzione e della responsabilità condivisa?


Articolo e immagini generati dall’AI, senza interventi da parte dell’essere umano. Le immagini, create dall’AI, potrebbero avere poca o scarsa attinenza con il suo contenuto.(scopri di più)
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