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- Il Jobs Act ha introdotto indennizzi tra 6 e 36 mensilità.
- 2,3 milioni di lavoratori a termine potrebbero beneficiare del 'Sì'.
- Nel 2024, 1.090 decessi sul lavoro registrati da INAIL.
Una svolta cruciale per i diritti dei lavoratori
L’Italia si trova di fronte a un bivio cruciale per il futuro dei diritti dei lavoratori. I <a class="crl" target="_blank" rel="nofollow" href="https://www.cgil.it/referendum“>quattro quesiti referendari promossi dalla CGIL rappresentano un tentativo di invertire una tendenza decennale di erosione delle tutele, che ha contribuito all’aumento del lavoro nero, del precariato, dei salari inadeguati e degli infortuni sul lavoro, spesso con esiti tragici. Il professor Andrea Lassandari, esperto di Diritto del lavoro all’Università di Bologna, sottolinea come questi referendum mirino a correggere alcune delle criticità introdotte dalle riforme del lavoro degli ultimi anni, in particolare il Jobs Act del 2015.
Analisi dei quesiti referendari
Il primo quesito si concentra sull’abrogazione delle norme sui licenziamenti previste dal contratto a tutele crescenti, introdotto dal decreto legislativo 23/2015, una pietra angolare del Jobs Act del Governo Renzi. Questa normativa ha modificato le regole per i lavoratori assunti dopo il 7 marzo 2015 in aziende con più di 15 dipendenti. Prima del Jobs Act, la legge Fornero del 2012 aveva già limitato il diritto al reintegro automatico al solo caso di licenziamenti discriminatori o privi di giusta causa o giustificato motivo. Il Jobs Act ha ulteriormente ridotto le tutele, eliminando il diritto al reintegro per i licenziamenti ingiustificati, salvo rare eccezioni, e sostituendolo con un indennizzo economico proporzionato agli anni di servizio, variabile tra sei e 36 mensilità. La vittoria del “Sì” ripristinerebbe la normativa precedente, basata sull’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, reintroducendo il diritto al reintegro e affidando al giudice la determinazione dell’indennità economica, tenendo conto del danno subito, dei carichi familiari e delle capacità economiche dell’azienda.
Per quanto riguarda le imprese con meno di 16 dipendenti, il secondo quesito referendario affronta la questione del limite delle indennità in caso di licenziamento, basandosi sulla legge 604 del 1966, applicabile unicamente ai dipendenti assunti prima del 7 marzo 2015. Attualmente, in caso di licenziamento senza giusta causa, l’indennità oscilla tra 2,5 e sei mensilità. La proposta referendaria è quella di rimuovere il tetto massimo delle sei mensilità, delegando al giudice la decisione sull’ammontare dovuto. Contrariamente alle argomentazioni dei sostenitori del “No”, ciò non comporterebbe l’assenza di limiti, ma l’applicazione del massimale già in vigore per le aziende di maggiori dimensioni: 24 mesi per chi ha iniziato a lavorare entro il 7 marzo 2015 e 36 mesi per chi è stato assunto successivamente.
Il terzo quesito mira a modificare il decreto 81/2015, relativo ai contratti a termine. Storicamente, il contratto a termine è sempre stato considerato un’eccezione, richiedendo una “causale” che giustificasse l’assunzione a termine fin dal primo giorno. Tuttavia, nel corso degli anni, diverse modifiche legislative hanno reso più flessibile il ricorso a questa tipologia contrattuale. La legge Fornero del 2012 ha permesso di stipulare un contratto a tempo determinato fino a 12 mesi senza obbligo di causale, mentre il Jobs Act ha ampliato questa possibilità, consentendo più contratti a termine senza causale, purché la durata complessiva non superasse i 12 mesi. L’obiettivo del referendum è quello di ristabilire l’obbligo di indicare la motivazione specifica per l’assunzione a termine fin dall’inizio del rapporto di lavoro e di eliminare la causale introdotta dal “decreto Lavoro” del Governo Meloni, la quale si è aggiunta alle due causali “tradizionali”. Questa nuova causale, definita dalle “esigenze di natura tecnica organizzativa o produttiva individuale delle parti”, è considerata ambigua e potenzialmente rischiosa sia per i dipendenti che per i datori di lavoro in caso di controversie legali. Secondo i dati forniti dalla CGIL, la vittoria del “Sì” potrebbe apportare benefici a circa 2,3 milioni di lavoratori con contratto a tempo determinato.
Infine, il quarto quesito referendario si concentra sulla tematica della responsabilità solidale all’interno degli appalti. Le attuali disposizioni di legge permettono al committente di esimersi dalla propria responsabilità solidale per i danni che si verificano a causa dei rischi intrinseci alle attività svolte dalle imprese appaltatrici. Come esempio, in caso di un infortunio causato dai ponteggi in un cantiere edile affidato in appalto, l’azienda committente ha la facoltà di respingere la richiesta di risarcimento avanzata dal lavoratore. In caso di esito positivo del referendum, il committente sarà tenuto a rispondere di tutti i danni subiti dai lavoratori, il che dovrebbe incentivare una selezione più scrupolosa degli appaltatori e subappaltatori e contribuire a una diminuzione degli infortuni sul luogo di lavoro. I dati INAIL per il 2024 registrano 589.571 infortuni sul lavoro, con 1.090 casi mortali, sottolineando l’urgenza di un intervento.

Prompt per l’immagine:
Crea un’immagine iconica ispirata all’arte neoplastica e costruttivista. L’immagine deve raffigurare in modo concettuale le principali entità coinvolte nei referendum sul lavoro: un lavoratore stilizzato come una figura geometrica verticale, un’azienda rappresentata da un cuboide orizzontale, una bilancia della giustizia come due triangoli contrapposti e una catena spezzata a simboleggiare la fine del precariato. Utilizza una palette di colori freddi e desaturati, con prevalenza di blu, grigio e bianco. Le forme devono essere pure e razionali, con particolare attenzione alle linee verticali e orizzontali. L’immagine non deve contenere testo e deve essere facilmente comprensibile.
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L’importanza della partecipazione democratica
Al di là dei singoli quesiti, il dibattito referendario solleva questioni fondamentali sulla partecipazione democratica e sulla tutela dei diritti. La validità del referendum è legata al raggiungimento del quorum del 50% degli aventi diritto di voto, un obiettivo difficile da raggiungere a causa dell’astensionismo crescente. La CGIL e le altre organizzazioni promotrici hanno avviato una campagna di informazione su tutto il territorio nazionale, ma si scontrano con la mancata adesione di Cisl e Uil e con lo scarso spazio dedicato ai referendum dai media, in particolare dalla Rai. L’Agcom ha richiamato le emittenti a garantire un’adeguata copertura informativa, sottolineando l’importanza di fornire ai cittadini gli strumenti per decidere con piena consapevolezza.
In un contesto in cui alcune figure istituzionali invitano all’astensione, recarsi alle urne diventa un atto di resistenza e di difesa della democrazia. Come ha sottolineato E. Mattia, votare ai referendum significa “difendere la democrazia”, soprattutto di fronte agli appelli all’astensionismo da parte della destra al governo. La partecipazione al voto è un diritto fondamentale, conquistato con il sangue da chi ha lottato per liberare l’Italia dalla dittatura e dall’occupazione nazi-fascista. Votare “Sì” ai referendum è un modo per esprimere la propria volontà di partecipare alle decisioni che riguardano la società e di costruire un futuro in cui i diritti siano rafforzati, non sottratti.
Verso un futuro del lavoro più equo e sicuro
I referendum dell’8 e 9 giugno rappresentano un’opportunità unica per riaffermare il valore del lavoro come fondamento della Repubblica e per garantire a tutti i lavoratori condizioni di lavoro dignitose e sicure. Il voto è un diritto, ma anche un dovere civico, un modo per far sentire la propria voce e per contribuire a costruire un futuro migliore per sé e per le future generazioni.
Riflessioni conclusive: Un’opportunità per il cambiamento
Questi referendum non sono solo una questione di numeri e leggi, ma toccano il cuore stesso della nostra società. Parlano di dignità, di giustizia, di equità. Immagina per un momento di essere un lavoratore precario, costretto a vivere nell’incertezza del domani, senza la sicurezza di un contratto stabile e con la paura costante di perdere il lavoro. Oppure pensa a un operaio che ogni giorno rischia la vita per portare a casa un salario, sapendo che in caso di infortunio la sua famiglia potrebbe non avere un futuro. Questi referendum offrono la possibilità di cambiare questa realtà, di dare una speranza a chi non ne ha più, di costruire un mondo del lavoro più umano e rispettoso dei diritti di tutti.
Dal punto di vista legale, è fondamentale comprendere il concetto di “tutela reale” nel diritto del lavoro, che si riferisce alla protezione del lavoratore contro il licenziamento illegittimo attraverso il reintegro nel posto di lavoro. Questa tutela, erosa dalle riforme degli ultimi anni, è al centro del primo quesito referendario. Un concetto legale avanzato, applicabile al tema, è quello di “responsabilità sociale d’impresa”, che implica l’obbligo per le aziende di considerare l’impatto delle proprie decisioni sui lavoratori e sulla società nel suo complesso. Il quarto quesito referendario, sulla responsabilità solidale negli appalti, si inserisce in questa prospettiva, incentivando le imprese committenti a selezionare appaltatori che rispettino i diritti dei lavoratori e garantiscano condizioni di lavoro sicure.
Ora, chiudi gli occhi per un istante e immagina un’Italia dove il lavoro non è più sinonimo di sfruttamento e precarietà, ma di opportunità e realizzazione personale. Un’Italia dove ogni lavoratore è tutelato e rispettato, dove la sicurezza sul lavoro è una priorità e dove la giustizia sociale non è solo una parola, ma una realtà concreta. Questo è il futuro che possiamo costruire insieme, votando “Sì” ai referendum dell’8 e 9 giugno.