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- Dal 2026, l'esame avvocato avrà quattro prove.
- In Francia, accesso limitato alla consulenza per l'Unione Europea.
- Saldo negativo di 441 avvocati per nuove opportunità professionali.
Nel panorama giuridico italiano, la riforma dell’esame di Stato per l’accesso alla professione forense rappresenta un tema di acceso dibattito. Da tempo si discute sull’adeguatezza del sistema di selezione degli aspiranti avvocati, con l’obiettivo di garantire la qualità dei servizi legali offerti ai cittadini. Tuttavia, la reale efficacia della riforma, così come è stata concepita e attuata, è oggetto di controversie. Le opinioni divergono tra chi la considera un passo avanti verso una selezione più rigorosa e chi la valuta come un intervento superficiale, incapace di incidere significativamente sulla preparazione dei nuovi legali.
La discussione si concentra sull’impatto che la riforma avrà sulle nuove generazioni di professionisti, sulla qualità complessiva della professione e sull’allineamento del sistema italiano con gli standard europei. Le voci di docenti universitari, avvocati senior e giovani praticanti si intrecciano, delineando un quadro complesso e variegato. L’analisi della preparazione dei candidati e del ruolo delle scuole di specializzazione si rivela cruciale per comprendere la portata della riforma e le sue possibili conseguenze sul mercato del lavoro e sulla qualità dei servizi legali.
Le modifiche introdotte dalla riforma, o previste per il futuro, riguardano diversi aspetti dell’esame di Stato, tra cui il numero e la tipologia delle prove scritte e orali, le materie oggetto di valutazione e le modalità di svolgimento delle prove. L’attuazione della riforma è stata caratterizzata da proroghe e rinvii, generando incertezza e confusione tra gli aspiranti avvocati. Attualmente, vige un regime transitorio, con specifiche modalità per l’esame del 2025, mentre per il 2026 sono previste ulteriori novità. L’esame di Stato per l’abilitazione alla professione di avvocato cambierà radicalmente a partire dal prossimo anno, introducendo un aumento del numero delle prove. Fino al 2025, sono previste una prova scritta e una prova orale. Tuttavia, a partire dal 2026, la prova consisterà in quattro esami: uno orale e tre scritti. Le informazioni disponibili indicano che le tre prove scritte richiederanno la redazione di un parere motivato su due questioni a scelta in ambito civile, un altro parere motivato su due questioni a scelta in ambito penale, e un atto giudiziario, per il quale il candidato potrà scegliere tra diritto penale, diritto privato o diritto amministrativo. Le prove serviranno a saggiare le competenze del candidato, che per lo svolgimento potrà utilizzare solamente i testi di legge, rigorosamente non commentati.
L’orizzonte europeo: modelli a confronto
Il sistema italiano di accesso alla professione forense si inserisce in un contesto europeo diversificato, caratterizzato da modelli differenti. Confrontare il sistema italiano con quelli di altri paesi, come la Spagna e la Francia, permette di individuare peculiarità e possibili spunti di miglioramento. In Spagna, ad esempio, esiste un percorso alternativo per ottenere l’abilitazione, che prevede il riconoscimento del titolo italiano, un master universitario abilitante e un esame di Stato. Tale percorso si presenta come un’opzione più rapida e accessibile rispetto all’esame di Stato italiano, offrendo la possibilità di ottenere un’abilitazione valida in tutta l’Unione Europea.
In Francia, invece, è previsto un accesso parziale alla professione forense per i cittadini europei, limitato alle attività di consulenza legale e redazione di atti. Questo sistema, pur offrendo un’opportunità di lavoro ai professionisti stranieri, non consente loro di esercitare pienamente la professione, precludendo l’attività di rappresentanza legale nei procedimenti giudiziari. Il modello italiano, con il suo esame di Stato selettivo, si colloca in una posizione intermedia tra i due, offrendo un accesso completo alla professione, ma richiedendo un percorso lungo e impegnativo. Con riferimento al decreto del dicembre in territorio francese, si è data attuazione alla direttiva dell’Unione Europea, emanata dal Parlamento Europeo e dal Consiglio nel novembre, che regola il riconoscimento delle competenze professionali. In particolare, l’articolo del citato decreto del dicembre in Francia stabilisce un ingresso limitato alla professione legale per i cittadini appartenenti all’Unione Europea. Questo accesso parziale è consentito sotto precise condizioni, quali la qualifica ottenuta nello Stato d’origine, la formazione specifica o il superamento di prove attitudinali; è cruciale notare, tuttavia, che tale accesso è confinato esclusivamente alle attività di consulenza legale e di stesura di documenti, escludendo dunque la rappresentanza legale in sede giudiziaria. Il professionista che ottiene un accesso parziale alla professione legale non può essere iscritto all’albo degli avvocati e può esercitare la propria attività solo con il titolo professionale acquisito nel suo paese d’origine e mantenuto nella lingua originale.

- Finalmente una riforma che sembra puntare alla qualità... 👍...
- Temo che questa riforma complicherà solo le cose... 😕...
- E se invece di aumentare le prove, ci concentrassimo sulla pratica... 🤔...
Voci dal mondo legale: opinioni a confronto
La riforma dell’esame di Stato per avvocati genera reazioni contrastanti tra i diversi protagonisti del settore legale. Da un lato, c’è chi la considera un passo avanti per innalzare gli standard di selezione e assicurare la qualità della professione; dall’altro, non mancano le critiche, soprattutto da parte dei giovani praticanti e delle loro associazioni. Le associazioni dei giovani avvocati si sono fatte portavoce delle difficoltà incontrate dai praticanti durante il tirocinio e delle criticità dell’esame di Stato. In particolare, è stato evidenziato come il tirocinio si trasformi spesso in un periodo di manovalanza, senza un adeguato riconoscimento economico e formativo. Inoltre, è stato criticato l’esame di Stato, definito una “lotteria” in cui anche i più meritevoli sono costretti ad affidarsi alla sorte.
Ulteriori critiche riguardano la disomogeneità di giudizio tra le commissioni d’esame, le difficoltà riscontrate dai candidati nella prova scritta e le tempistiche eccessive della prova orale. Alcuni esperti propongono di fornire alle commissioni gli sviluppi “ipotizzati” delle tracce per uniformare la valutazione e di alleggerire il carico di lavoro dei candidati, riducendo il numero di materie da studiare. Nonostante la difficoltà nel reperire un’analisi univoca delle opinioni dei docenti universitari, è plausibile che molti di essi condividano l’obiettivo di innalzare gli standard di selezione e migliorare la preparazione dei futuri avvocati. Resta da valutare se la riforma, così come è stata concepita e attuata finora, sia realmente in grado di raggiungere tale obiettivo. L’AIGA, associazione italiana giovani avvocati, ha espresso più volte il proprio dissenso nei confronti di alcuni aspetti della riforma, con il presidente Dario Greco che ha evidenziato come il periodo di pratica negli studi è indispensabile per colmare il deficit formativo delle università, ma che spesso il tirocinio si trasforma in un periodo di manovalanza e non tutti gli studi offrono un compenso ai giovani, in termini economici o di competenze.
Critiche sono giunte in merito alla disomogeneità di giudizio tra le commissioni d’esame, alle difficoltà riscontrate dai candidati nella prova scritta e le tempistiche eccessive della prova orale. A tal proposito è stato suggerito di fornire alle Commissioni gli sviluppi ipotizzati delle tracce per uniformare la valutazione e di alleggerire il carico di lavoro dei candidati, riducendo il numero di materie da studiare. Nel complesso emerge un quadro di forte incertezza in cui non ci sono ancora dati oggettivi in merito a quale impatto questa riforma potrà avere in futuro.
Mercato del lavoro e qualità dei servizi: quali prospettive?
L’impatto della riforma dell’esame di Stato sul mercato del lavoro e sulla qualità dei servizi legali rappresenta un’incognita. Tuttavia, è possibile formulare alcune ipotesi. Se la riforma riuscisse ad innalzare gli standard di selezione, si potrebbe assistere a una diminuzione del numero di nuovi avvocati e a un aumento della loro preparazione media. Ciò potrebbe favorire una maggiore concorrenza nel mercato del lavoro, ma anche una migliore qualità dei servizi legali offerti ai cittadini. Al contrario, se la riforma non dovesse incidere significativamente sul numero di nuovi avvocati e sulla loro preparazione, l’impatto sul mercato del lavoro e sulla qualità dei servizi legali sarebbe limitato.
È fondamentale considerare che il mercato del lavoro legale è in continua evoluzione e che i professionisti devono specializzarsi, formarsi continuamente e adottare le nuove tecnologie per avere successo. Un recente studio ha evidenziato che l’abilitazione forense comporta un aumento significativo del reddito rispetto ai non abilitati. Tuttavia, è importante sottolineare che il reddito complessivo e il reddito annuo medio degli avvocati sono in crescita, soprattutto per i professionisti più giovani, il che indica che esistono concrete opportunità per coloro che sono disposti a impegnarsi e a investire nella propria formazione. La proposta di riforma Di Sarno prevede, tra le altre cose, l’eliminazione dell’obbligo di frequentare e superare con profitto corsi di formazione durante il periodo di tirocinio. Questo requisito, attualmente vincolante e indispensabile per l’ammissione all’esame di Stato, non solo sottrae tempo prezioso allo svolgimento della pratica professionale, ma comporta anche un onere economico considerevole per il praticante avvocato, scoraggiandolo dall’intraprendere o dal proseguire la carriera forense. In sostituzione di tale obbligo, la proposta Di Sarno introduce la semplice facoltà (e non più l’imposizione) di frequentare i corsi di formazione durante il tirocinio, garantendo al contempo al praticante il diritto a una retribuzione commisurata alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, con importi minimi stabiliti annualmente dal Ministero della Giustizia.
Un futuro incerto: tra opportunità e sfide per la professione legale
La riforma dell’esame di Stato per avvocati rappresenta un crocevia per il futuro della professione legale in Italia. Le diverse opinioni e le incertezze sull’impatto della riforma rendono difficile tracciare un quadro definitivo. Sarà fondamentale monitorare attentamente l’attuazione della riforma e valutarne gli effetti nel tempo, considerando le diverse prospettive e le esigenze del mondo legale. Solo così si potrà comprendere se la riforma rappresenta un’effettiva opportunità di miglioramento o un intervento insufficiente. La professione di avvocato sta cambiando rapidamente e gli studi legali devono rimanere al passo con i tempi e adottare nuove tecnologie e strategie per avere successo. Ad esempio, l’avvocata Giulia Facchini ha messo in evidenza le condizioni alle quali l’avvocatura può credere in un riscatto, ovvero specializzazione, servizi di formazione adeguati alla trasformazione in atto, informazione e formazione continua ed incessante, inclusione delle nuove tecnologie e dell’AI, sacrificio iniziale, capacità strategica e di management. Un altro aspetto di notevole importanza è l’abbandono della professione, analizzabile alla luce del dato che evidenzia 8.257 nuove iscrizioni a fronte di 8.698 cancellazioni., determinando un saldo negativo di 441 avvocati, un fenomeno che va però correttamente interpretato tenendo conto delle nuove e diverse opportunità professionali.
Amici, colleghe e colleghi, aspiranti tali, la riforma dell’esame di Stato per avvocati è un tema che ci tocca da vicino. Capire le sue implicazioni è fondamentale per orientarsi nel mondo legale moderno. Un concetto base da tenere a mente è quello di “diritto di difesa“, sancito dall’articolo 24 della Costituzione Italiana, che garantisce a tutti la possibilità di essere assistiti da un avvocato. Parallelamente, una nozione più avanzata è quella di “giustizia predittiva“, che utilizza l’intelligenza artificiale per analizzare i dati giuridici e prevedere l’esito di una controversia. Riflettiamo su come queste due nozioni, apparentemente distanti, possano coesistere e influenzare il futuro della nostra professione. La passione per il diritto e la volontà di difendere i diritti dei cittadini devono guidarci in questo percorso, consapevoli che il futuro della professione legale dipende anche dalle nostre scelte e dal nostro impegno.