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- Consoli condannato a 2 anni e 6 mesi per ostacolo alla vigilanza Consob.
- Si indaga su un "buco" di 302 milioni di euro.
- Multa di 15.000 euro a manager per mancanze di trasparenza.
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La Giustizia fa il suo corso: Consoli condannato, Cda sotto la lente
La vicenda di Veneto Banca continua a tenere banco nelle aule di tribunale, con importanti sviluppi che delineano responsabilità e conseguenze per i protagonisti del dissesto finanziario. Recentemente, la Corte di Cassazione ha emesso una sentenza definitiva nei confronti di Vincenzo Consoli, ex amministratore delegato e direttore generale dell’istituto, riducendo la pena a 2 anni e 6 mesi. La condanna è relativa al reato di ostacolo alla vigilanza nei confronti della Consob, mentre è stata dichiarata prescritta l’accusa di ostacolo alla vigilanza verso Banca d’Italia. Contestualmente, è stata confermata la revoca della confisca di oltre 221 milioni di euro di patrimonio personale e l’interdizione dai pubblici uffici per 5 anni.
Parallelamente, si avvicina l’udienza preliminare, fissata per il 16 giugno, riguardante il filone della bancarotta, con un “buco” stimato in 302 milioni di euro. Sul banco degli imputati, oltre a Consoli, figurano altri membri del management e del consiglio di amministrazione di Veneto Banca, accusati di aver sottratto ingenti somme attraverso erogazioni di prestiti e finanziamenti a società prive dei requisiti necessari, basandosi su garanzie inesistenti o sopravvalutate.
Il ruolo chiave del Consiglio di Amministrazione
Una recente pronuncia della Cassazione, formalizzata nell’ordinanza n. 11219, si è focalizzata sulla responsabilità dei membri del Consiglio d’Amministrazione (Cda) della Veneto Banca. In questa circostanza, la Suprema Corte ha rigettato il ricorso presentato da un esperto manager bancario contro la decisione sfavorevole emessa dalla Corte d’appello veneziana nel 2019, rinnovando così la penalizzazione fissata a 15.000 euro, rispetto all’importo iniziale elevato a 35.000 euro, inflitta dalla Consob nel 2017. Tale provvedimento disciplinare è stato adottato in risposta ad atti contrari ai principi della diligenza ed evidenti mancanze in termini di trasparenza durante le operazioni relative all’aumento di capitale e al collocamento delle obbligazioni al tasso del 4%, senza contare anche le irregolarità riscontrate nella determinazione dei prezzi delle azioni.
Nell’ambito dell’analisi effettuata dai giudici supremi è stata rimarcata l’importanza per i consiglieri non esecutivi*, i quali devono necessariamente manifestarsi proattivi attraverso una formazione continua affinché possano garantire una gestione ottimale delle esposizioni ai rischi presenti; essenziale risulta anche avere consapevolezza sulle decisioni assunte dagli organi dirigenziali operativi.
La Corte ha chiarito come ciò segua logiche ben precise: si tratta infatti di configurare dinamiche diverse da quelle meramente oggettive; gli amministratori privati completamente dipendenti dall’attività svolta dai dirigenti possono essere soggetti a richieste legali solo qualora emergano situazioni caratterizzate da passività rispetto ad eventi dannosi.
Occorre pertanto dimostrare specifiche fattispecie come il riferimento al nesso causale oltre alla responsabilità nei casi dove siano stati ignorati dati critici tramite omissione o atteggiamenti negligenti.

Dettagli del “Crac” e Prossimi Passi
L’udienza preliminare del 16 giugno si concentrerà su un “buco” di 302 milioni di euro, frutto di una presunta bancarotta fraudolenta per distrazione e dissipazione. Secondo l’accusa, ingenti somme sarebbero state sottratte ai creditori attraverso l’erogazione di finanziamenti a società non idonee, con garanzie inesistenti o sopravvalutate. La Procura di Treviso ha esaminato 30 situazioni specifiche, risalenti anche al 2006, in cui i dirigenti di Veneto Banca avrebbero concesso crediti senza una valutazione adeguata della capacità di restituzione dei clienti. Nel giugno 2018, al momento della dichiarazione di insolvenza, i liquidatori si sarebbero trovati di fronte a una montagna di denaro difficilmente recuperabile, con perdite che in alcuni casi avrebbero raggiunto il 45% del denaro prestato.
A Consoli e Trinca viene contestata anche la corresponsione di 3,6 milioni di euro a Consoli stesso, in un momento in cui lo stato di dissesto di Veneto Banca era ormai evidente, soprattutto alla dirigenza, a seguito dei rilievi emersi dall’ispezione di Banca d’Italia nel 2013.
Un certo numero di indagati sembra intenzionato ad adottare un rito alternativo, mentre coloro che potrebbero trovarsi ad affrontare un rinvio a giudizio sono esposti alla possibilità di subire condanne per una durata massima che può toccare i 15 anni. Inoltre, è emerso un ulteriore aspetto dell’indagine legato alle frodi nei confronti dei privati cittadini: questo segmento risulta ormai prescritto.
Responsabilità e Vigilanza: Un Bilancio Amaro
La vicenda di Veneto Banca, con le condanne e i processi in corso, solleva interrogativi cruciali sulla responsabilità degli amministratori e sull’efficacia dei sistemi di vigilanza. La sentenza nei confronti di Consoli e le indagini sul “crac” evidenziano la gravità delle condotte illecite che hanno portato al dissesto dell’istituto, danneggiando azionisti, obbligazionisti e l’intero sistema finanziario. La pronuncia della Cassazione sul ruolo del Cda sottolinea l’importanza di una vigilanza attiva e consapevole da parte dei consiglieri, che non possono limitarsi a recepire passivamente le informazioni fornite dagli organi esecutivi, ma devono esercitare un controllo costante e indipendente.
La vicenda di Veneto Banca rappresenta un monito per il futuro, affinché vengano rafforzati i meccanismi di controllo e le responsabilità degli amministratori, al fine di prevenire simili disastri finanziari e tutelare gli interessi dei risparmiatori.
Amici lettori, riflettiamo un attimo. In termini legali basilari, questa storia ci ricorda l’importanza del “dovere di diligenza” degli amministratori. Significa che chi gestisce una società, soprattutto una banca, deve agire con cura, competenza e lealtà, nell’interesse dell’azienda e dei suoi stakeholder. Un concetto apparentemente semplice, ma che, come vediamo, può avere conseguenze enormi quando viene disatteso.
Ma andiamo oltre. Dal punto di vista legale più avanzato, la vicenda di Veneto Banca ci introduce al tema della “responsabilità degli organi di controllo”. Non basta avere un consiglio di amministrazione e un collegio sindacale; è fondamentale che questi organi siano effettivamente indipendenti, competenti e capaci di esercitare un controllo efficace sulla gestione. La legge prevede strumenti specifici per tutelare i diritti degli azionisti e dei creditori, ma spesso la loro applicazione risulta complessa e tardiva. Forse è il caso di ripensare questi meccanismi, per renderli più tempestivi ed efficaci.
Cosa ne pensate, cari lettori? Avvertite un senso di protezione nel vostro ruolo di risparmiatori? Ritenete che il sistema giudiziario sia in grado di garantire sanzioni appropriate per coloro che sono stati artefici di simili calamità economiche? La questione riguardante Veneto Banca pone interrogativi cruciali circa l’interazione tra finanza, politica e giustizia all’interno del contesto sociale contemporaneo.